ABSTRACT
In Gazzetta Ufficiale n. 236 dell’8 ottobre 2024, è stata pubblicata la legge di conversione del decreto-legge n. 113 del 9 agosto 2024, legge n. 143 del 7 ottobre 2024, entrata in vigore il 9 ottobre 2024 che contiene, tra l’altro, la norma sul bonus per i lavoratori dipendenti
COMMENTO
Di seguito si riportano, in ordine cronologico, le principali disposizioni di carattere fiscale.
Articolo 2-bis – Disposizioni in materia di benefici corrisposti ai lavoratori dipendenti
Viene stabilito che, in attesa del regime fiscale sostitutivo previsto dalla legge delega n. 111 del 2023, ai lavoratori dipendenti viene erogata un’indennità di euro 100, qualora per gli stessi ricorrano congiuntamente le seguenti condizioni:
avere un reddito complessivo non superiore ad euro 28.000. Per la determinazione del reddito complessivo viene stabilito che esso comprende la quota esente dei redditi agevolati, riconosciuta per le fattispecie di trasferimento del soggetto in Italia e riportate nella tabella che segue, mentre sono esclusi dal computo il reddito dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e quello delle pertinenze relative a quest’ultima unità;
avere il coniuge non legalmente ed effettivamente separato e almeno un figlio, anche se nato fuori del matrimonio, riconosciuto, adottivo o affidato, che si trovano nelle condizioni previste dall’articolo 12, comma 2, del DPR n. 917 del 1986 ossia che siano fiscalmente a carico in quanto il reddito di ognuno di loro non risulta essere superiore a euro 2.840,51 ovvero a euro 4.000 nel caso di figlio di età non superiore a ventiquattro anni, oppure avere almeno un figlio che si trova in tali condizioni e che sussistano le condizioni di cui all’articolo 12, comma 1, decimo periodo, del DPR n. 917 del 1986 e cioè che il figlio sia fiscalmente a carico nei termini appena detti sopra qualora l’altro genitore manchi o non abbia riconosciuto il figlio, nato fuori dal matrimonio, e il lavoratore non sia coniugato o, se coniugato, si sia successivamente legalmente ed effettivamente separato, ovvero qualora il figlio sia adottivo, affidato o affiliato del solo lavoratore e questi non sia coniugato o, se coniugato, si sia successivamente legalmente ed effettivamente separato. Al di fuori delle condizioni di cui si è appena detto, qualora il coniuge non sia fiscalmente a carico, non vi è diritto all’indennità in commento, a prescindere, quindi, dal livello dei redditi e quindi anche nel caso in cui il reddito dei due coniugi sia inferiore al citato limite di euro 28.000;
avere un’imposta lorda determinata sui redditi da lavoro dipendente percepiti dal lavoratore e di cui all’articolo 49 del DPR n. 917 del 1986, con esclusione di quelli da pensioni di ogni genere e gli assegni ad esse equiparati e di cui all’articolo 49, comma 2, lettera a), sempre del DPR n. 917 del 1986, che è di importo superiore a quello della detrazione che spetta in relazione ai redditi di lavoro e di cui all’articolo 13, comma 1, del DPR n. 917 del 1986.
Quota di redditi esenti che rilevano ai fini della determinazione del reddito complessivo
Articolo 44, comma 1, del decreto-legge n. 78 del 2010 | Norme che riguardano i ricercatori residenti all’estero che rientrano in Italia |
Articolo 16 del decreto legislativo n. 147 del 2015 | Norme sul regime speciale per i lavoratori impatriati |
Articolo 5, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, del decreto legge n. 34 del 2019 | Norme sul regime speciale per i lavoratori impatriati che vi hanno aderito previo versamento di un’imposta sostitutiva |
Articolo 5 del decreto legislativo n. 209 del 2023 | Norme sul nuovo regime agevolativo a favore dei lavoratori impatriati |
Mentre l’indennità in commento non concorre alla formazione del reddito complessivo del lavoratore dipendente e deve essere rapportata al periodo di lavoro, a riconoscerla sono i sostituti d’imposta unitamente alla tredicesima mensilità su richiesta del lavoratore che deve attestare, per iscritto, di avervi diritto, indicando il codice fiscale del coniuge e dei figli. I sostituti d’imposta devono verificare in sede di conguaglio la spettanza dell’indennità e qualora si dovesse rivelare non spettante essi devono provvedere al recupero dell’importo.
I sostituti d’imposta compensano il credito maturato a seguito della erogazione dell’indennità tramite compensazione, a partire dal giorno successivo all’erogazione dell’indennità stessa in busta paga.
Qualora le retribuzioni del lavoratore non siano state assoggettate a ritenuta o nel caso in cui l’indennità non sia stata comunque erogata dal sostituto d’imposta, essa è riconosciuta nella dichiarazione dei redditi presentata dal contribuente. L’indennità che risulta dalla dichiarazione dei redditi deve essere computata nella determinazione del saldo IRPEF.
In base a quanto stabilito sopra sembrerebbe, dunque, che l’indennità competa anche ai lavoratori dipendenti privi di sostituto d’imposta come, ad esempio, quelli domestici ma si ritiene necessario un chiarimento.
Se l’indennità erogata dal sostituto d’imposta risulti essere, in tutto o in parte, non spettante, il relativo importo deve essere restituito sempre in sede dichiarativa.
Articolo 2-ter – Trattamento sanzionatorio per i soggetti che non aderiscono al concordato preventivo biennale
Viene stabilito che, fermo restando quanto previsto dall’articolo 34, comma 2, del decreto legislativo n. 13 del 2024, in base al quale l’Agenzia delle entrate e la Guardia di Finanza programmano l’impiego di maggiore capacità operativa per intensificare l’attività di controllo nei confronti dei soggetti che non aderiscano al concordato preventivo biennale o decadano dallo stesso, quando viene irrogata una sanzione amministrativa
per violazioni che sono riferibili ai periodi d’imposta e ai tributi oggetto della proposta di concordato preventivo biennale che non è stata accolta dal contribuente, ovvero
per violazioni che sono riferibili ai periodi d’imposta e ai tributi oggetto della proposta di concordato nei confronti di un contribuente che è decaduto dall’accordo di concordato stesso per inosservanza degli obblighi previsti dalle norme che lo disciplinano,
le soglie per l’applicazione delle sanzioni accessorie
di cui all’articolo 21 del decreto legislativo n. 472 del 1997 e
previste dall’articolo 12, comma 1, del decreto legislativo n. 471 del 997,
sono ridotte a metà.
Viene altresì stabilito che le disposizioni di cui sopra si applicano anche nei confronti dei contribuenti che, per i periodi d’imposta dal 2018 al 2022, non si sono avvalsi del regime di ravvedimento di cui all’articolo 2-quater, della legge di conversione qui in commento (si veda infra) ovvero ne decadono per la ricorrenza di una delle ipotesi stabilite sempre dall’articolo 2- quater, comma 10, lettere a), b) e c).
Si ricorda che in base a quanto disposto dall’articolo 21 del decreto legislativo n. 472 del 1997, sono sanzioni amministrative accessorie:
l’interdizione dalle cariche di amministratore, sindaco o revisore di società di capitali e di enti con personalità giuridica, pubblici o privati;
l’interdizione dalla partecipazione a gare per l’affidamento di pubblici appalti e forniture;
l’interdizione dal conseguimento di licenze, concessioni o autorizzazioni amministrative per l’esercizio di imprese o di attività di lavoro autonomo e la loro sospensione;
la sospensione dall’esercizio di attività di lavoro autonomo o di impresa diverse da quelle indicate nel punto precedente.
Il comma 2 dell’articolo 21, stabilisce che le singole leggi d’imposta, nel prevedere i casi di applicazione delle sanzioni accessorie, devono stabilirne anche i limiti temporali in relazione alla gravità dell’infrazione e alla misura della sanzione principale.
L’articolo 12, comma 1, del decreto legislativo n. 471 del 1997, prevede che, quando viene irrogata una sanzione amministrativa superiore a euro 50.000, trova applicazione, a seconda dei casi, una delle sanzioni accessorie previste dal decreto legislativo n. 472 del 1997, per un periodo da tre a sei mesi. La durata delle sanzioni accessorie può essere elevata fino a dodici mesi qualora la sanzione irrogata sia superiore a euro 100.000.
Alla luce di quanto sopra, la norma introdotta dalla legge di conversione del decreto-legge n. 113 del 2024 e qui in commento, riduce a metà le soglie di cui all’articolo 12, comma 1, del decreto legislativo n. 471 del 1997 e di cui si è appena detto sopra, portando le citate sanzioni amministrative rispettivamente da euro 50.000 a euro 25.000 e da euro 100.000 a euro 50.000.
Fonte: Circolari 24 Fisco / Il Sole 24 ORE
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