Limiti all’applicazione del superbonus per il Terzo settore in ambito socio-sanitario: non potrà essere utilizzato per immobili destinati soltanto all’attività di housing sociale, senza collegamenti con servizi di assistenza. È quanto spiega l’agenzia delle Entrate con la risposta a interpello 75/2024, nella quale viene per la prima volta limitato in maniera importante l’ambito di applicazione di questa tipologia di agevolazione. Il superbonus legato alle attività socio- assistenziali e sanitarie è, infatti, ancora attivo fino alla fine del 2025 al 110%. Nonostante il taglio al 70% partito dal 2024 nei condomini, per gli interventi effettuati dalle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, dalle organizzazioni di volontariato e dalle associazioni di promozione sociale che svolgano attività di prestazione di servizi socio-sanitari e assistenziali negli immobili adibiti a strutture sanitarie, ci sarà ancora la detrazione al 110 per cento. Questi immobili potranno anche sfruttare un calcolo particolare dei massimali. Il limite ordinario, infatti, sarà moltiplicato per il rapporto tra la superficie complessiva degli immobili e la superficie media ricavabile dall’Osservatorio del mercato immobiliare. In questo modo, si terrà conto della maggiore dimensione di queste unità che, in molti casi, potrà incrementare di parecchio i limiti massimi di spesa. Con la risposta a interpello 2/2024 questa tipologia di superbonus è stata allargata di molto: secondo le Entrate, infatti, può essere utilizzato anche per immobili nei quali si svolgono attività accessorie rispetto a quelle principali e anche per le semplici attività assistenziali, e non solo per quelle sanitarie. Ora, però, arriva una limitazione. Il caso riguarda un ente religioso che ha intenzione di ristrutturare un immobile che sarà utilizzato per la locazione, a canoni calmierati, «di alloggi e servizi abitativi a favore di soggetti disagiati». E che vorrebbe far rientrare questa ristrutturazione nel perimetro del superbonus. Le Entrate, però, danno risposta negativa. E spiegano che «l’attività in questione, sostanzialmente finalizzata a offrire alloggi mediante stipula di apposito contratto», configura una «attività di carattere residenziale non rientrante tra quelle ricomprese nel settore dell’assistenza sociale e sociosanitaria in cui la Onlus dichiara di operare». Non è una chiusura completa. Le Entrate, infatti, sottolineano che le norme che regolano il Terzo settore «non menzionano espressamente tale tipologia di attività tra quelle che le Onlus possono svolgere istituzionalmente». Mettere a disposizione di soggetti svantaggiati alloggi potrebbe essere, però, ammissibile se considerato un’attività di assistenza sociale e socio-sanitaria. Quanto all’assistenza sociale, più nello specifico, «le attività ricomprese in tale settore devono necessariamente essere rivolte nei confronti di categorie particolarmente vulnerabili». Sarebbe, quindi, necessario individuare dei criteri che consentano di definire la situazione di svantaggio. «In mancanza di dette condizioni, la mera messa a disposizione di alloggi senza una specifica attività di assistenza che si concretizza in una serie articolata di servizi nei confronti dei soggetti svantaggiati, non sembra rientrare all’interno del settore» tutelato dalle norme sul superbonus.
Stop al superbonus nell’housing sociale senza servizi d’assistenza
Aggiornamento: 5 apr
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